Spesso si dice che per avere successo nella vita bisogna pensare fuori dagli schemi. Quello che però non si dice è che per compiere certe scelte ci vuole non poco coraggio, spirito d’avventura e d’adattamento. Sono queste le doti che abbiamo riscontrato nella persona di Antonio de Capoa, uno specialista d’eccezione, esempio paradigmatico di come la professione di avvocato possa assumere tutta un’altra connotazione rispetto a quella tradizionale. Ma lasciamo parlare i fatti: dopo la laurea in giurisprudenza nel 1980 ottenuta a Bologna, la vocazione verso l’estero e soprattutto verso quei Paesi con cui è storicamente difficile stabilire dei contatti si è subito fatta sentire: ad oggi, infatti, lo studio de Capoa conta (oltre le tre sedi italiane di Bologna, Milano e Treviso) una sede a Bucarest, una a Budapest, una a Tripoli, una Teheran e una a Kiev. Esperto in diritto del commercio internazionale ma soprattutto di diritto islamico, de Capoa si trova a gestire principalmente i rapporti con il Nord Africa, nei quali è un personaggio di spicco nell’intermediazione con l’Europa. Data la complessità delle situazioni sociopolitiche dei Paesi con cui il nostro avvocato si trova a trattare, il suo particolare tipo di lavoro richiede uno sforzo in termini di tempo non da poco (ha affermato di lavorare non meno di 80-100 ore a settimana) oltreché una certa audacia nel rimanere saldo di fronte al pericolo: ci ha confidato, infatti, di aver rischiato per ben tre volte di morire di morte violenta.
Anziché cominciare subito a raccontare della propria vita e delle proprie esperienze, de Capoa ha preferito cominciare la serata dandoci qualche utile consiglio per il futuro, in primis invitandoci a scrivere subito un nostro curriculum e a utilizzare l’estate per svolgere dei tirocini formativi. La vera novità, tuttavia, e forse l’aspetto più interessante delle parole di de Capoa, che per professione conosce molto bene il mondo del lavoro, è l’invito a pensare fuori dagli schemi e quindi a non presentare un curriculum in cui si riportano esperienze standard, simili a quelle che avrebbe potuto fare chiunque. Da qui l’esortazione a studiare o a svolgere attività che nessuno fa, come ad esempio imparare una lingua straniera non convenzionale (come l’inglese, il francese o il tedesco), dal momento che laddove non c’è concorrenza è più facile trovare opportunità di lavoro.
Com’era anche desiderio dello stesso de Capoa, ben presto è stato lasciato spazio alle domande, che hanno riguardato argomenti di geopolitica come anche richieste di ulteriori consigli per il futuro. Particolarmente interessante è stata l’opinione personale dell’avvocato sull’attuale situazione della Cina e sul suo futuro come nazione: in un regime liberticida e in cui sussiste di fatto ancora la schiavitù, de Capoa non ha difficoltà ad affermare che presto o tardi si giungerà a una soglia di tensione sociale tale da sfociare in un qualcosa dalle conseguenze a dire poco nefaste.
Le ultime due domande, una su quali stage sarebbe più opportuno svolgere e una sull’utilità oggi dello studiare giurisprudenza, hanno ottenuto una risposta in un certo senso simile dal nostro relatore: il minimo comune denominatore, infatti, era e resta lo sprone a cercare di percorrere strade non scontate, in modo tale che le proprie esperienze siano il più possibile uniche e non uguali a quelle della massa. Da qui l’esortazione a scegliere progetti di stage in cui vi è poca richiesta di partecipazione, in modo tale da avere più possibilità di ottenerli, così come la stessa giurisprudenza nel mondo moderno può dare molte soddisfazioni nella misura in cui ci si specializza in ambiti legali non battuti da nessuno.