Professore di Slavistica all’Università di Urbino nonché attuale presidente della Fondazione Rui, Giuseppe Ghini è conosciuto nel panorama accademico italiano come specialista di classici russi dell’Ottocento e traduzione poetica; nel suo curriculum vanta, oltre a varie pubblicazioni, numerosi incarichi rivestiti in più di trent’anni di carriera universitaria quali presidente del Corso di Lingue e Cultura per l’impresa, membro del Nucleo di Valutazione dell’Ateneo e commissario della Abilitazione Scientifica Nazionale per la propria disciplina.
L’incontro si è incentrato sul tema della carriera universitaria e della ricerca, sulla capacità di sapersi creare “nicchie” di competenza in cui specializzarsi e, soprattutto, sull’importanza di riuscire a coniugare in maniera proficua e completa l’ambito professionale con la sfera personale e familiare. Due, in particolare, i punti su cui il Professor Ghini ha voluto focalizzare la sua attenzione: perché diventare docente e quanto incida avere buoni maestri che indirizzino nel percorso lavorativo.
Per quanto riguarda il primo punto, dalle parole dell’ospite è emerso come la carriera universitaria permetta a chi ama una disciplina di dedicarvisi pienamente, di padroneggiarla e di discuterla in senso critico con i propri studenti. La grande ricchezza dell’università sta nel riuscire ad unire nella figura del docente sia l’aspetto didattico che la ricerca: il professore, infatti, insegna ciò che lui stesso quotidianamente studia, diventando dunque il tramite più diretto ed efficace tra la disciplina e gli studenti. Proprio in virtù della grande rilevanza della ricerca, quello del professore universitario risulta anche essere un lavoro estremamente creativo, in cui trovare il proprio campo al fine di specializzarsi ed eccellervi.
In merito all’importanza dei maestri, il prof. Ghini ha sottolineato come nel suo percorso siano stati fondamentali alcuni professori con cui, durante il proprio percorso di studi, si mise in contatto per iniziare a farsi un’idea del mondo accademico e partecipare a discussioni su temi che non venivano trattati nelle lezioni ordinarie; da qui l’importanza di seguire dei “maestri” che spronino in maniera autentica al miglioramento e alla crescita personale ma, soprattutto, di saperseli cercare anche al di fuori dei “paths” tradizionali. Caratteristiche primarie di un buon maestro sono la volontà di “perdere del tempo” con i propri allievi, avendo a cuore il loro miglioramento attraverso l’impegno e la critica costruttiva, ma anche l’onestà di non trattarli come semplici “tirapiedi”.
Non si può pensare insomma, stando alle parole del prof. Ghini, di voler raggiungere i propri obiettivi tanto nel mondo accademico quanto in altri settori professionali senza avere una strategia ben definita o senza porre il massimo impegno –compatibilmente con impegni personali e familiari- in tutto ciò che si fa. In questo, l’ospite ha riconosciuto molti meriti a sua moglie, che anche davanti alle sfide più difficili è stata sempre la prima a spronarlo e ad essergli accanto, spingendolo ogni giorno a migliorarsi.