“Se non avessi alzato la mano, oggi probabilmente sarei stato un impiegato qualsiasi”. Con queste parole Daniele Ravaglia ha raccontato come divenne direttore generale di quella che ormai è Emil Banca, semplicemente proponendosi e alzando la mano. Spesso i giovani in ruoli così importanti nel mondo delle banche non erano visti bene, data la poca fiducia degli anziani nei loro confronti. Ravaglia è riuscito, invece, a superare questo pregiudizio, con una carriera brillante.
Ravaglia nasce a Trasasso, una frazione di Monzuno, sull’appennino bolognese. Allora, vi erano ben 4 casse rurali, dette “banchine”, nate in seguito alla Rerum Novarum di Papa Leone XIII nel 1891, per far accedere al credito anche chi al tempo non poteva.
La passione per questo settore gli viene trasmessa soprattutto grazie al padre. Per mantenere lo studio dei suoi 5 figli, il padre faceva ben 3 lavori, tra cui anche il cassiere della cassa rurale di Monzuno per 2 ore al giorno. Ed è proprio qui che il relatore fa la prima esperienza, contando gli interessi a mano con l’aiuto delle allora grosse e farraginose calcolatrici e concedendo credito con delle strette di mano.
Dopo aver studiato Economia e Commercio all’Alma Mater, aver vinto due volte un concorso per la banca Bologna-Ravenna con l’intermezzo del servizio militare come ufficiale, Ravaglia torna a Monzuno e diventa vicedirettore della filiale, che allora contava 7 dipendenti, per poi essere promosso a direttore generale in seguito a una delle 9 fusioni che porteranno alla nascita di Emil Banca.
Dopo aver raccontato queste preziose esperienze, durante l’incontro di ieri il relatore ha affrontato la differenza tra banche di credito cooperative e banche commerciali. In particolare, ha sottolineato il suo amore per la cooperazione e l’attenzione per le persone, trasmessogli personalmente anche da Giovanni Bersani, il fondatore delle cooperative. Forgiato dall’esperienza nella filiale di Monzuno, dove non c’era spazio per l’interesse personale, ma il suo lavoro era servizio per i soci, suoi compaesani, Ravaglia ha fatto sue quelle che sono le regole più importanti di una banca di credito cooperativa, come la prossimità o fare l’interesse del cliente e non della banca. In particolare, l’articolo 2 dello Statuto di Emil Banca esplicita che “la Società ha lo scopo di favorire i soci e gli appartenenti alle comunità locali (…), perseguendo il miglioramento delle condizioni morali, culturali ed economiche degli stessi e promuovendo lo sviluppo della cooperazione, l’educazione al risparmio e alla previdenza, nonché la coesione sociale e la crescita responsabile e sostenibile del territorio nel quale opera”. Questo viene fatto reinvestendo il 70% dell’utile sul territorio della banca stessa, azione che in un mondo dove la delocalizzazione è sempre più conveniente fa capire come queste regole e questi principi vengano prima del semplice guadagno. Lo sviluppare queste relazioni più personalizzate porta altresì le persone a pagare di più e più volentieri. Più volte, tuttavia, Ravaglia ha ricordato che l’interesse primario della banca deve coincidere con quello del cliente, mentre i guadagni sono secondari.
Questo attaccamento al territorio deriva direttamente da quella che era la vocazione iniziale delle casse rurali. Oggi le banche devono affrontare sfide sempre più difficili ed è per questo che Ravaglia ha promosso molto le fusioni, convinto che l’unione fa la forza, ma ricordandosi sempre delle origini.
L’attenzione per l’altro, la cooperazione, il coraggio di esporsi e mettersi in gioco, l’attaccamento per il territorio sono solo i principali messaggi che ci ha trasmesso ieri il dott. Ravaglia, non solo a parole, ma anche con i fatti.